Platone


Filosofo greco nato ad Atene (428-347 a. C.), di nobile famiglia,  sin da giovane ebbe educazione filosofica; secondo Aristotele conobbe Cratilo, scolaro di Eraclito, e si familiarizzò con la dottrina eraclitea. Ma in questo primo periodo la sua attività fu rivolta a composizioni letterarie, epiche e tragiche. A vent'anni conobbe Socrate, che lo guidò a un contatto con la filosofia. Platone rimase fedele a Socrate per tutta la vita, avendo visto in lui l'incarnazione del filosofare; l'intera sua produzione volle essere un continuo approfondimento interpretativo della personalità di Socrate, l'interlocutore principale di molti dialoghi e portavoce della filosofia originale di Platone. Il pensiero storico di Socrate è pertanto trasceso e allo stesso tempo rimane connesso alla sua ispirazione fondamentale. Già dalla giovinezza parve a Platone che la caratteristica prima del filosofo, il rapporto con la verità, potesse manifestarsi nella vita storica, fecondando e alimentando la politica, che riguarda la vita comune degli uomini. Dapprima lo stesso Platone fu tentato di partecipare alla vita politica della sua città, ma ne fu distolto prima dalle delusioni provocategli dal governo dei Trenta tiranni, poi dalla restaurata democrazia e infine per la condanna a  morte di Socrate. Da allora a Platone fu chiaro che solo un governo guidato dai filosofi poteva essere degno di venir detto buono.
Dopo la morte di Socrate Platone intraprese svariati viaggi, di cui uno forse in Egitto. Significativi per il rapporto con la politica sono i tre viaggi in Magna Grecia. A Siracusa, dove si legò di amicizia con Dione, zio di Dionisio il Giovane, Platone tentò di attuare la sua idea del governante illuminato dal filosofo. Ma Dionisio il Vecchio, allora tiranno della città, preoccupato dei suoi progetti, lo fece allontanare. Fu al ritorno ad Atene che Platone costituì l'Accademia, società culturale, alla quale diede la struttura di un'associazione religiosa. Quando Dionisio il Giovane succedette al padre, Platone tornò a Siracusa per riprendere il suo progetto, ma Dionisio, dilettante-presuntuoso del potere, deluse Platone che se ne tornò ad Atene. Una terza volta egli tornò a Siracusa, ma ancora fallì il suo tentativo di instaurare un governo retto dalla filosofia.





LE OPERE
Il processo della storiografia filosofica per stabilire l'autenticità degli scritti di Platone è stato lungo e molto discusso. La grandezza della sua personalità, che ha costituito il punto di riferimento di una lunga tradizione, ha fatto sì che gli fossero attribuite molte opere da lui non scritte. Il rigore della filologia ottocentesca ha ritenuto fasulle la maggior parte delle opere ma in seguito la critica moderna, tenendo maggior conto della tradizione, ha preferito operare con più cautela; servendosi delle testimonianze antiche, considerando il contenuto dottrinale e soprattutto fondandosi sulla forma linguistica, ha riaccolto come autentici parecchi dialoghi.
Il carattere dialogico degli scritti di Platone rappresenta la sostanza stessa della sua filosofia. Il dialogo platonico è sempre costituito da una tesi aperta, che nel contraddittorio viene esplicandosi, mentre l'interlocutore-contraddittore sposta di continuo le sue opposizioni di volta in volta che una verità va affermandosi. È lui stesso adeguatamente sollecitato a riconoscere la verità.
Notevole è il cambiamento di stile da un dialogo all'altro: i dialoghi giovanili sono caratterizzati da interventi brevi e vivaci da parte dei partecipanti e conservano intatta la loro natura dialogica; gli ultimi sono appesantiti da lunghi interventi, che svisano l'andamento del dialogo e ne fanno quasi un trattato.
Socrate è quasi sempre il protagonista, ma negli ultimi dialoghi la sua figura è sempre più sfocata o addirittura scompare.



LA FILOSOFIA DI PLATONE: LA TEORIA DELLE IDEE
La genesi di questa teoria si deve ricercare nell'influenza esercitata su Platone dai filosofi precedenti: nel campo della conoscenza sensibile Platone accetta il relativismo di Protagora assieme alla teoria del pànta réi (tutto scorre) di Eraclito e ancora il fenomenismo degli ionici. Da queste premesse Platone deduce che la conoscenza sensibile porta solo a risultati provvisori, validi unicamente per le circostanze particolari in cui sono stati ottenuti. Con essi non è possibile raggiungere una conoscenza unica, perché su ogni oggetto si possono fare discorsi diversi parimenti accettabili. Protagora pretendeva di poter fare un discorso corretto pur nella molteplicità dei discorsi; Socrate esortava i giovani ad approfondire l'indagine dei valori morali per giungere a un discorso più preciso; Platone vuol togliere ogni carattere provvisorio alla conoscenza e a questo scopo scende nella più profonda interiorità dell'uomo affermando che la certezza assoluta è frutto solo di conoscenza razionale e, dove Socrate aveva scoperto l'universalità dei valori morali in quanto comuni e validi per tutti, egli estende tale validità anche al campo della conoscenza. Ritorna qui, riprodotta da Platone, la contrapposizione parmenidea tra razionalità e sensibilità, tra percezioni sensitive diverse da individuo a individuo e diverse nello stesso individuo e le idee, forme reali e immutabili delle cose. A differenza di Parmenide però Platone non concepisce l'essere reale come unico, perché formato da più idee. Il concetto è illustrato dal mito della caverna: l'uomo è come un prigioniero incatenato in una caverna, con le spalle rivolte all'apertura e la faccia alla parete. Fuori brilla una gran luce, nella quale passano gli esseri reali. La luce filtrando attraverso l'apertura ne proietta le ombre sulla parete e l'uomo crede di vedere il mondo reale, mentre in realtà ne vede solo l'ombra. Per arrivare alla verità effettiva l'uomo deve rompere le sue catene e uscire dalla caverna alla luce. Fuori della metafora – dice Platone – l'uomo è dotato di sensi, che lo legano al mondo delle apparenze, e di ragione, che gli fa conseguire invece la vera realtà, facendolo pervenire alla scienza, che è conoscenza assoluta e universale. Ma come rompere le catene che ci legano al mondo sensibile? Platone si richiama a questo punto al metodo maieutico di Socrate, ma dove il maestro l'aveva usato per risvegliare la voce della coscienza del suo interlocutore e fargli scoprire le verità della vita morale, Platone mira con esso a far scoprire al discepolo le verità razionali; per spiegarsi introduce un nuovo esempio: viene dato un problema di geometria da risolvere a uno schiavo digiuno di ogni cognizione in quella materia: dato un quadrato, deve trovarne un altro di area doppia. Il giovane tenta dapprima la soluzione più semplicistica: raddoppia i lati del quadrato, ma si accorge subito del suo errore e dopo vari altri tentativi traccia la diagonale del quadrato e, assumendola come lato, costruisce il quadrato doppio del primo (Menone). Il sistema maieutico – conclude allora Platone – funziona anche fuori dell'ambito che gli aveva assegnato Socrate. In realtà proprio questo esempio dimostra che Platone ormai si muove sul terreno delle verità matematiche dei pitagorici. A indirizzarlo alla dottrina pitagorica era stato Archita di Taranto, illustre pensatore e matematico, e su questa strada Platone arriverà a una nuova “mens religiosa”.

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