Ippia, Antifonte e Trasimaco: il tema delle leggi
Vi è un ambito di riflessione tipico della sofistica che viene dibattuto soprattutto nella fase immediatamente seguente la prima affermazione del movimento: quello dell'origine delle leggi, della loro validità e della loro continuità o meno rispetto alla natura.
Ippia e Antifonte teorizzano la superiorità della legge di natura, immutabile e uguale per tutti in ogni paese, rispetto a quella positiva, cioè posta dagli uomini, mutevole e relativa ai vari stati.
Secondo questi sofisti gli esseri umani sono tutti uguali in base alla legge della natura, mentre le leggi e le consuetudini sociali mettono in atto ogni sorta di discriminazione e ineguaglianza.
da un frammento di Antifonte leggiamo
Noi rispettiamo e veneriamo chi è di nobile origine, ma chi è di natali oscuri, né lo rispettiamo, né l'onoriamo. In questo, ci comportiamo gli uni verso gli altri da barbari, poiché di natura tutti siamo assolutamente uguali, sia Greci che barbari. Basta osservare le necessità naturali proprie di tutti gli uomini [...] nessuno di noi può esser definito né come barbaro né come greco. Tutti infatti respiriamo l'aria con la bocca e con le narici. (fr. DK 87 B 44 B)
parole dal quale emerge un sentimento di rispetto per l'umanità, che fanno riflettere sui diritti naturali di ogni essere umano, al di là delle differenze sociali e politiche.
Ben più radicali sono le tesi di Trasimaco, un rappresentante dei cosiddetti sofisti-politici, filosofi che si occuparono principalmente di tematiche etico-politiche, spingendo la retorica gorgiana e le tesi dei primi sofisti a conseguenze estreme:
egli arrivò ad affermare che le leggi non sono che strumenti di cui i gruppi più forti si servono per garantire i propri interessi a scapito dei più deboli e che "il giusto non è nient'altro che il vantaggio del potente". La giustizia quindi non sarebbe un valore universale e naturale, ma coinciderebbe con l'insieme di norme inventate dalle classi potenti per garantire i propri privilegi.
Ippia e Antifonte teorizzano la superiorità della legge di natura, immutabile e uguale per tutti in ogni paese, rispetto a quella positiva, cioè posta dagli uomini, mutevole e relativa ai vari stati.
Secondo questi sofisti gli esseri umani sono tutti uguali in base alla legge della natura, mentre le leggi e le consuetudini sociali mettono in atto ogni sorta di discriminazione e ineguaglianza.
da un frammento di Antifonte leggiamo
Noi rispettiamo e veneriamo chi è di nobile origine, ma chi è di natali oscuri, né lo rispettiamo, né l'onoriamo. In questo, ci comportiamo gli uni verso gli altri da barbari, poiché di natura tutti siamo assolutamente uguali, sia Greci che barbari. Basta osservare le necessità naturali proprie di tutti gli uomini [...] nessuno di noi può esser definito né come barbaro né come greco. Tutti infatti respiriamo l'aria con la bocca e con le narici. (fr. DK 87 B 44 B)
parole dal quale emerge un sentimento di rispetto per l'umanità, che fanno riflettere sui diritti naturali di ogni essere umano, al di là delle differenze sociali e politiche.
Ben più radicali sono le tesi di Trasimaco, un rappresentante dei cosiddetti sofisti-politici, filosofi che si occuparono principalmente di tematiche etico-politiche, spingendo la retorica gorgiana e le tesi dei primi sofisti a conseguenze estreme:
egli arrivò ad affermare che le leggi non sono che strumenti di cui i gruppi più forti si servono per garantire i propri interessi a scapito dei più deboli e che "il giusto non è nient'altro che il vantaggio del potente". La giustizia quindi non sarebbe un valore universale e naturale, ma coinciderebbe con l'insieme di norme inventate dalle classi potenti per garantire i propri privilegi.
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